Sono qui ospitate alcune emblematiche opere di tre grandi artisti d’origine mugellana che hanno contribuito a rinnovare profondamente l’arte del loro tempo.

Giotto, Santo Stefano<br />(Colle di Vespignano? 1266 circa-Firenze 1337)<br />Santo Stefano<br />1320-1325 ca.<br />tempera e oro su tavola<br />Firenze, Museo Fondazione H.P.Horne<br />Inv. n. 52
Giotto, nato a Colle di Vespignano vicino a Vicchio attorno al 1266, tradusse l’ormai antiquato “greco” della tradizione bizantina nel chiaro “latino” della moderna lingua figurativa. Lo si vede nei volti così caratterizzati dei due Santi delle tavolette appartenenti ad una predella (Firenze, Collezione Ente Cassa di Risparmio di Firenze) e, soprattutto, nel Santo Stefano (Firenze, Museo della Fondazione Horne), scomparto di un polittico ove il diacono si staglia plasticamente sul fondo oro vestito di una preziosa dalmatica. Tiene in mano saldamente un libro sacro drappeggiato che sembra proiettare fuori dallo spazio del dipinto la figura di questo giovane, bello e ‘vero’: tale infatti doveva sembrare a chi lo guardava nel 1320 con gli occhi ancora perlopiù abituati alla fissa bidimensionalità bizantina.

GUIDO DI PIERO, poi FRA GIOVANNI DA FIESOLE,<br />detto IL BEATO ANGELICO<br />(Vicchio di Mugello, documentato a Firenze dal 1417-Roma 1455)<br />Madonna con Bambino tra i santi Antonio da Padova, Ludovico di Tolosa, Francesco, Cosma, Damiano e Pietro Martire (particolare)<br />post 1450-1452<br />tempera su tavola, particolare<br />Firenze, Museo di San Marco<br />Inv. 1890 n. 8503
L’Angelico, nato alla fine del Trecento a Vicchio, traghettò la pittura dal mondo tardogotico a quello rinascimentale, conciliando in una superiore e ‘dolcissima’ sintesi di fede e ragione l’‘antico’ con il ‘moderno’. Nella pala per l’altare maggiore della chiesa di Bosco ai Frati (Firenze, Museo di San Marco), commissionata al pittore da Cosimo il Vecchio dopo il 1450, i santi, tutti in abiti quattrocenteschi, vivono nello spazio raffinatamente classico della scena, definito sia dalla profonda esedra centrale coperta dalla conchiglia dorata e ospitante la Vergine col Bambino e gli angeli, sia dal pavimento prospettico in primissimo piano, sia dalla parete di fondo dove colonne trabeate e nicchie e tarsie ricostruiscono l’ambiente ad un tempo fastoso e festoso di una domus romana, colorata di preziosissimi marmi e stoffe.

ANDREA DEL CASTAGNO <br />(Castagno prima del 1419-Firenze 1457)<br />Dante<br />1448 - 1449<br />affresco staccato<br />iscrizione: DANTE DE ALEGIERIS FLORENTINI<br />Firenze, Galleria degli Uffizi<br />Inv. S. Marco e Cenacoli n. 167<br />Boccaccio<br />1448 - 1449<br />affresco staccato <br />iscrizione: DOMINUS IOHANNES BOCCACCIUS<br />Firenze, Galleria degli Uffizi<br />Inv. S. Marco e Cenacoli n. 165
Andrea del Castagno, nel cui stesso nome si volle mantenuta la memoria del natio borgo sulle montagne mugellane, presenta, invece, del Rinascimento un’interpretazione eroica. Così i grandi letterati dell’appena trascorso Medioevo, Dante e Boccaccio, balzano in primo piano con la forza di ‘moderni’ oratori negli affreschi del 1448-1449 (contemporanei quindi alla pala angelichiana) provenienti da Villa Carducci a Legnaia presso Firenze (Firenze, Galleria degli Uffizi): i loro saldissimi corpi non sembrano più appartenere allo spazio pittorico ove è finto una sorta di palcoscenico teatrale all’antica tutto fasciato di marmi policromi e scandito da lesene classiche, bensì allo spazio reale (si osservino quegli straordinari piedi e mani in ardita prospettiva), pronti all’azione proprio come voleva il miglior Umanesimo civile della Firenze di Leonardo Bruni, di Coluccio Salutati, di Leon Battista Alberti.





Il Mugello e le arti: Giotto, il Beato Angelico e Andrea del Castagno


Giotto

Beato Angelico

Andrea del Castagno