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La croce dipinta di San Salvatore

14:20 28 Ottobre in Approfondimenti
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sansalvatoreTra le opere più antiche custodite nel Museo è un piccolo dipinto rappresentante un Santo Diacono e una santa (Barbara?), di proprietà delle Gallerie fiorentine, dalle quali fu acquistato nel 1829. In deposito con l’etichetta di «scuola russo-bizantina», fu prima concesso in prestito all’Accademia Etrusca di Cortona e quindi al Museo di Fucecchio, quando fu inaugurato, in quanto parte di una croce dipinta per la chiesa di San Salvatore a Fucecchio dove era rimasta fino al 1780. Delle successive peregrinazioni di questa croce (Cattedrale di Pisa e quindi Cappella Dal Pozzo del Camposanto Monumentale) e del suo smembramento sono importanti testimonianze alcune incisioni ottocentesche che hanno consentito agli storici dell’arte di ripercorrerne la storia.

Grazie all’incisione pubblicata nelle Antiperistasi pisane dallo storico Ranieri Tempesti, noti studiosi (Garrison, Coor Achenbach), come veri e propri investigatori, erano riusciti a rintracciare nei depositi del Museo di Pisa la croce, dalla quale proveniva la tabella esposta a Fucecchio, mentre più tardi sarà rintracciata in collezione privata italiana l’altra tabella laterale rappresentante Due santi (Tartuferi 1990). La croce era in condizioni precarie, priva della cimasa e dei laterali; tale smembramento doveva essere avvenuto prima del 1866, come testimonia una litografia postuma eseguita dall’artista tedesco Ramboux durante uno dei soggiorni italiani (tra il 1817 e il 1824 o tra il 1835 e il 1842). La croce recava nel tergo una scritta apocrifa che ne attribuiva la paternità a Giunta Pisano («IUNCTA.FEC.PIS.MCCXXXVIII»), mentre un’altra scritta sul suppedaneo, datandola al 1238, ne ricordava i restauri del 1633 e del 1743 («FU FATTA QUESTA IMMAGINE / L.a 1238 e REST.TA L.a 1633 EN L.a. o 1743»).

Il restauro del 1981 ha ritrovato, al di sotto della scritta apocrifa, l’iscrizione originaria con il nome dell’artista: «BERLINGERIUS VULTERRANUS ME PINXIT». Il recupero di un’opera firmata è sempre un avvenimento importante, soprattutto per un periodo come il Duecento, assai scarso di opere documentate.

La croce è dunque opera di Berlinghiero, che si definisce nell’iscrizione «Vulterranus», suggerendo una sua formazione nella natia Volterra, uno degli ambienti più grecizzanti della Toscana del XIII secolo. Riguardo alla datazione, se non si può confermare l’anno 1238 dell’iscrizione apocrifa – in quanto Berlinghiero morì nel 1236 – l’opera sarebbe stata eseguita probabilmente negli ultimi anni della sua attività, senza escludere una conclusione da parte della bottega, anche se alcuni studiosi (Boskovits), non essendo riusciti a leggere l’iscrizione, negano la partenità di Berlinghiero, pensando trattarsi di un’opera degli anni Sessanta del Duecento.

La croce dipinta dell’abbazia di San Salvatore consente di comprendere l’evoluzione stilistica di Berlinghiero che, pur riprendendo tipologie bizantine, impiega il colore a larghe campiture secondo la tradizione umbro-romana, con la prevalenza di serrati ritmi quadrati di estrazione occidentale, che scavano un netto solco tra le sue opere e le croci lucchesi del XII secolo.

Berlinghiero in questa croce, caratterizzata da nuove morbidezze lineari e cromatiche, medita sull’esperienza parallela di Giunta a Pisa, che aveva saputo arricchire dei nuovi contenuti della spiritualità francescana le tradizioni pittoriche precedenti. La meditazione sull’umanità del Cristo di Francesco d’Assisi è giunta a commuovere le salde certezze modulari e dogmatiche di Berlinghiero.

Rosanna Caterina Proto Pisani

in, Museo di Fucecchio. Guida alla visita del museo e alla scoperta del territorio, a cura di Rosanna Caterina Proto Pisani, Polistampa 2006