Identità ritrovate: lo Scheggia, Larciani e Ghetti
Negli studi di storia dell’arte spesso artisti dei quali è ignota la personalità si battezzano con il nome di un’opera centrale, detta name-piece dalla storiografia anglosassone, intorno alla quale ruota il corpus di altre opere aggregate sulla base di elementi stilistici. Negli ultimi trentacinque anni gli studiosi di storia dell’arte sono riusciti a dare il nome ad alcuni artisti presenti a Fucecchio, che nel catalogo del Museo del 1969 non avevano ancora un’identità biografica.
Così il Maestro di Fucecchio, che prende il nome dalla tavola della metà del Quattrocento del Museo, rappresentante la Madonna col Bambino in gloria di cherubini con i santi Sebastiano e Lazzaro, Maria Maddalena e Marta, battezzato anche come Maestro del Cassone Adimari dal fronte di cassone dell’Accademia di Firenze, è stato identificato da Luciano Bellosi, con Giovanni di Ser Giovanni detto lo Scheggia o Scheggione, come egli si firma in un affresco frammentario rappresentante il Martirio di san Sebastiano nell’Oratorio di San Lorenzo a San Giovanni Valdarno.
Giovanni di ser Giovanni era il fratello del più celebre Tommaso di Giovanni detto Masaccio, dal quale si differenzia per uno stile meno determinato e incisivo, pur conoscendo le novità rinascimentali. Nella sua produzione, che comprende colmi, cassoni, decorazioni di stanze, deschi da parto, si coglie una convinta adesione al mondo gotico, evidente nella gamma cromatica dai toni squillanti, ma sapientemente accostati in accordi delicati, nelle raffinate decorazioni e nel gusto dei dettagli, come la chiglia piatta della barca, adatta a zone paludose, nel dipinto di Fucecchio.
L’autore del dipinto rappresentante la Natività tra i santi Michele Arcangelo, Clemente, Pietro e Marta, sormontato dalla lunetta con il Padre Eterno e i quattro evangelisti è stato fino al 1998 conosciuto come Maestro dei Paesaggi Kress, da tre deliziose tavolette della Collezione Kress nella National Gallery di Washington. Artista estroso ed «eccentrico», come lo definì Federico Zeri (1962), sviluppò modi antiaccademici e bizzarri nelle ricerche cromatiche ed espressive dei personaggi, anche con esiti caricaturali, partendo da formule compositive classiciste elaborate sulla base di una profonda conoscenza della grafica düreriana.
Dalle ricerche di archivio di Louis Alexander Waldman (1998) sono emersi tre contratti relativi alla pala di Fucecchio che hanno consentito di conoscere non solo la committenza dell’opera, la Confraternita della Vergine Annunciata di Fucecchio, composta di sole donne, ma anche il nome dell’artista, Giovanni Larciani o da Larciano, piccolo paese a nordovest di Vinci del quale era originaria la sua famiglia. Giovanni Larciani, nato a Firenze nel 1484 nella parrocchia di Sant’Ambrogio, alcuni anni prima del Pontormo e del Rosso, compare nel 1503 nelle liste della Compagnia di San Luca, della quale è ancora membro nel 1526. Cognato di Giovanbattista Verrocchio, nipote del celebre scultore, morì nella peste del 1527, lasciando un figlio pittore di nome Lorenzo, del quale al momento non si conosce alcuna opera.
Più di recente (Waldman 2001 e 2003) è stata restituita l’identità biografica ad un altro pittore, battezzato Maestro della Carità di Copenhagen, autore dell’importante dipinto della cappella battesimale nella collegiata di San Giovanni Battista, rappresentante la Vergine col Bambino tra i santi Giovanni Battista, Marco, Pietro e Andrea, sormontato dalla lunetta col Battesimo di Cristo. L’identità biografica di questo pittore, formatosi sulla tradizione del classicismo fiorentino, ma aperto a soluzioni più innovative della Maniera, è stata risolta nel nome di Bartolomeo Ghetti. Ricordato nei libri della Compagnia di San Luca nel 1503 e nel 1525, assistente di bottega di Ridolfo del Ghirlandaio, egli fu attivo alla corte di Francesco I in Francia, probabilmente tra il 1516 e il 1525, e morì il 27gennaio del 1536.
Rosanna Caterina Proto Pisani
in, Museo di Fucecchio. Guida alla visita del museo e alla scoperta del territorio, a cura di Rosanna Caterina Proto Pisani, Polistampa 2006